Stop alla penalizzazione per maternità

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Avete mai sentito parlare di “penalizzazione per maternità”? Eppure è molto diffusa. Si tratta di un fenomeno conosciuto come “motherhood penalty”, ovvero la differenza di introiti percepiti prima e dopo il parto. In Italia purtroppo lo scotto che le donne devono pagare sul mercato del lavoro dopo una maternità è ancora troppo alto. La nascita di un figlio apre infatti un divario tra il reddito percepito dalla donna e quello che avrebbe ricevuto in assenza della nascita. Un divario che troppo spesso non si riduce negli anni successivi. Una penalità che vale per le mamme, ma non per i papà. Mettere al mondo un figlio è una delle cose più belle, ma spesso diventa anche fonte di preoccupazioni e di penalizzazioni certe per il proprio percorso professionale. In Parlamento ho presentato una proposta di legge che punta a invertire questa tendenza, prevedendo sgravi contributivi e previdenziali per chi assume una donna, ma anche più asili nido e retribuzioni più alte, che colmino il divario con i colleghi di sesso maschile. Perché nel nostro Paese per un vero welfare per l’infanzia c’è ancora molto da fare. E di fronte al taglio del bonus baby sitter voluto per esempio da questo governo, è chiaro che il sostegno alla famiglia resta troppo spesso solo una promessa da campagna elettorale.

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Una risposta

  1. Non si fanno figli perché non c’è lavoro
    e perché se c’è lavoro è da precari ( infatti le aziende possono assumere il 30% di precari ) .
    Bisogna per tanto :
    1) ridurre le tasse alle aziende perché se no delocalizzano all’estero dove la manodopera costa meno.
    2) introdurre il salario minimo garantito
    3) ridurre la suddetta soglia ( per i precari ) del 30% al 10%.

    Inoltre sarebbe opportuno creare il curriculum digitale : ( ci sono persone che fanno il medico da 10 anni senza essere laureati ).
    Per curriculum digitale si intende che :
    1) deve essere visibile a tutti sul sito del comune di residenza : ( la privacy non conta in questi casi ):
    2) il comune di residenza deve fornirsi di un software che incroci i dati del comune con quelli delle Scuole, del INPS e del Tribunale per creare un curriculum in cui sono presenti i titoli di studio, le esperienze lavorative e capire se si hanno avuti precedenti con la giustizia .

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